Ha destato scalpore l’inserimento nel “decreto urgenze” (DL 109 del 29.09.2018) di una norma dedicata alla concentrazione limite degli idrocarburi nei fanghi utilizzabili per lo spandimento in agricoltura. Il testo è il seguente Art. 41 Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi di depurazione
“ 1. Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, continuano a valere, ai fini dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i limiti dell’Allegato IB del predetto decreto, fatta eccezione per gli idrocarburi (C10-C40), per i quali il limite è : ≤ 1.000 (mg/kg tal quale). Ai fini della presente disposizione, per il parametro idrocarburi C10-C40, il limite di 1.000 mg/kg tal quale si intende comunque rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce valori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell'allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, richiamata nella decisione 955/2014/UE della Commissione del 16 dicembre “.
Il provvedimento è stato accusato di innalzare i limiti previgenti relativi al suddetto parametro, la questione è più complessa ed interessa sia ritardi (e pasticci) normativi sia aspetti di carattere tecnico e di tutela ambientale.
In effetti potrebbe essere definito come una “pezza peggiore del buco” come diversi provvedimenti regionali che l’hanno preceduto ma è improprio dire che il provvedimento “alza” i limiti relativi agli idrocarburi per l’utilizzo dei fanghi in agricoltura visto che non vi erano in precedenza chiare soglie, risulta più corretto affermare che il provvedimento fissa dei limiti non coerenti con gli obiettivi della normativa (sull'utilizzo agronomico dei fanghi e sui rifiuti più in generale) finalizzati da un lato al recupero, per quanto possibile, di tali rifiuti e dall'altro alla tutela ambientale (dei suoli e delle produzioni alimentari).
Per poter avere una idea precisa e svolgere delle valutazioni fondate sulla liceità e sugli effetti di tale provvedimento occorre chiarire il contesto normativo, gli effetti di alcune sentenze e tenere conto di alcuni aspetti “tecnici” strettamente legati alla questione.
Nella nota che si allega si formulano delle considerazioni sul provvedimento, sullo stato dell’arte della questione e si forniscono delle proposte sul tema.
Nell'invitare alla lettura del documento integrale, riportiamo sotto le conclusioni del documento.
Conclusioni
Va premesso che l’utilizzo agronomico di fanghi di depurazione di provenienza civile è sicuramente una pratica positiva se ben condotta (idonei trattamenti e modalità di impiego) nonché se la provenienza è idoneamente controllata e sottoposta a norme idonee a ridurre la presenza di sostanze pericolose (non completamente eliminabili) e dall'altro lato ad assicurare la presenza di elementi utili per il suolo (in particolare il fosforo).
Diversi motivi spingono in questa direzione (ferma la preferibilità del recupero rispetto allo smaltimento). Tra quelli principali l’impoverimento del suolo (si veda la direttiva quadro sulla protezione del suolo), quello dei cambiamenti climatici (si tratta di “bloccare” carbonio che altrimenti potrebbe essere emesso).
Tra i “pacchetti” in via di definizione dalla Unione Europea per l’economia circolare ve ne è uno dedicato ai fertilizzanti ove vi è uno spazio dedicato al recupero del fosforo (anche) dai fanghi per l’impiego come fertilizzanti riducendo la dipendenza dalla importazione della materia prima (fosforo/fosforite). Per dirla con le parole della Commissione “i concimi ottenuti da materie prime nazionali, organiche o secondarie, conformemente al modello di economia circolare sono svantaggiati, sotto il profilo concorrenziale, rispetto a quelli prodotti rispettando un modello di economia lineare. Tale distorsione di concorrenza ostacola gli investimenti nell'economia circolare.”
Il tema dei fanghi va affrontato, anche normativamente, tenendo conto di questo contesto.
Non va comunque dimenticato che – nell'immediato – la possibile presenza di sostanze pericolose, la possibilità di trattamenti inidonei, la miscelazione con altri rifiuti e pratiche agronomiche non corrette possono determinare danni ambientali.
La questione emersa con il contenuto dell’art. 41 del decreto legge “urgenze” deriva dal mancato aggiornamento del Dlgs 99/1992 in parte per colpa “europea” e in parte italiana.
Seguendo quanto indicato dalla normativa via via emanata il legislatore deve valutare e definire quale sia il valore di sostanze pericolose che possono essere “dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale” tenuto conto che, rimanendo agli idrocarburi, una qualche traccia vi sarà sempre in quanto la maggior parte dei depuratori non tratta solo scarichi civili ma anche industriali (per non parlare di scarichi non autorizzati di ogni genere).
Il riferimento adottato dalla Cassazione Penale (limiti per i suoli) è oggettivamente fortemente restrittivo e giuridicamente debole in quanto si fa riferimento a limiti di qualità (non contaminazione) del suolo e non di un rifiuto cui comunque si riconosce, a certe condizioni, una forma di recupero in quanto può fornire elementi nutritivi utili al terreno (fosforo, carbonio, azoto) tenendo conto di limitazioni (ridotta presenza di sostanze pericolose, modalità di impiego, tipologie di suoli idonei inclusa la considerazione sulla loro sensibilità per permeabilità ai nitrati).
Il TAR Lombardia si è riferito a un valore più “fondato” (500 mg/kg s.s.) rispetto a quello stabilito dal governo di 10.000 mg/kg tal quale, la discussione dovrebbe concentrarsi su tali aspetti e fondata su valutazioni tecniche idoneamente approfondite e discusse.
Sarebbe ovviamente opportuna una normativa a livello europeo per evitare situazioni diversificate tra i diversi paesi, allo stato sono stati prodotti documenti di discussione (l’ultimo nel 2010) nei quali comunque l’aspetto specifico degli idrocarburi non è oggetto, allo stato, di proposte di limiti specifici.
La questione non va ridotta da una “guerra” di limiti ma affrontare il tema dei fanghi a partire dalla introduzione di tecnologie (disponibili) atte a ridurne la produzione, ridurre i contaminanti presenti, recuperarli anche in altre filiere di utilizzo, controllare il destino dei fanghi di origine industriale.
Per Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute
Marco Caldiroli
Marco Caldiroli
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