“Un Paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi, perché le risorse mancano, o i costi sono eccessivi. Un Paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da perdere.” Italo Calvino

Tracce di cromo esavalente rinvenute nelle muffe sulle pareti della biblioteca comunale di Cecina

Tirreno 26 novembre 2015

Il caso biblioteca finisce in Procura

Marchi (Md) invita a verificare nei laterizi la presenza di cromo di conceria
CECINA. «La verità è vicina, basta volerla vedere». Non ha dubbi Maurizio Marchi di Medicina democratica che sul caso delle tracce di cromo esavalente rinvenute nelle muffe sulle pareti della biblioteca comunale di Cecina rispolvera documenti del 1990 indirizzati al sindaco di Cecina, al presidente dell’allora Asl 14 e al presidente della giunta provinciale di Livorno.
«Tutti i nodi vengono al pettine, prima o poi – afferma Marchi –. Alla fine del 1989, la Provincia di Livorno ammise, su interrogazione del consigliere provinciale Roberto Nannetti di Democrazia proletaria, che la Lateritalia di Cecina era autorizzata a mischiare all’argilla fanghi al cromo per la fabbricazione di laterizi, pignatte, embrici, mattoni ecc., provenienti dal Consorzio Cuoiodepur di San Miniato in base alla delibera della Regione 9.883 del 31 ottobre 1988. Tutti sapevano quindi, Comune, Ausl, Provincia, che si stava cuocendo e distribuendo sul territorio laterizi al cromo esavalente, un potente cancerogeno. Ma nessuna amministrazione fece niente per fermare questa diffusione di nocività. Questa pratica sconsiderata andò avanti almeno fino al 1993».
L’esponente del movimento di lotta per la salute Medicina democratica indica la prospettiva da indagare. «Oggi la Commissione garanzia e controllo del Comune dovrebbe soltanto ricercare il capitolato d’appalto e le fatture relative alla fornitura dei laterizi occorrenti per la costruzione della Biblioteca comunale, se volesse realmente capire la presenza di cromo nell’edificio, rimuovere la nocività, riaprire la biblioteca, bene comune – sositiene –. Non sarà uno scherzo: si dovrà velocemente valutare se è il caso di demolire la struttura e smaltire le relative macerie come rifiuti tossici o se sia possibile isolare il cromo esavalente e impedire che possa nuocere».
Da qui le richieste all’amministrazione comunale di Cecina. «Chiediamo, inoltre, che si verifichi se altri edifici pubblici, per esempio scuole, siano stati costruiti con laterizi al cromo, ed informarne la popolazione – conclude Marchi –. Ignorare le voci scomode per seguire gli interessi forti è una costante degli amministratori locali. La vicenda della biblioteca di Cecina è un simbolo del fallimento di questa dirigenza, che danneggia la salute pubblica, scagiona di fatto gli affaristi locali, carica le bonifiche sui fondi pubblici. Per parte nostra, segnaleremo la questione alla magistratura, per quanto possa essere efficace».

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